Gentili colleghi,
ritenendo di fare cosa gradita nei confronti degli associati e non, lo Staff ILA segnala la Sentenza n. 23171/2016 del 09/02/2016 della Corte di Cassazione “Cantiere sotto soglia, Committente, Datore di Lavoro Committente, Idoneità tecnico professionale”< 2° Parte.
Altre notizie utili su Sito ILA – Ispettori del lavoro Associati<<, Pagina Facebook ILA – Ispettori del lavoro Associati<<
Sentenza della Corte di Cassazione n. 23171/2016 del 09/02/2016<
4.1. Il caso all’esame pone, quindi, il preliminare problema di ricostruire esattamente lo statuto della committenza ‘non qualificata’, come quella che qui interessa, rispetto al quale pare utile svolgere alcune puntualizzazioni rispetto alla ricostruzione che il giudice del gravame ha fatto della evoluzione normativa della posizione di garanzia facente capo al committente privato di opere edilizie.
La figura del committente dei lavori ha trovato esplicito riconoscimento solo con il d.lgs. n. 494/96, con il quale si è data attuazione alla direttiva 92/57/CEE, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.
Prima di esso né il d.P.R. 547/55, né i successivi 164/56, 302/56 e 303/56 menzionavano siffatto ruolo. Neppure il d.lgs. 626/94, vera e propria mappa dei principi del diritto prevenzionistico, nel definire le diverse posizioni soggettive (datore di lavoro, ecc.) menzionava il committente. L’unica norma che delineava un rapporto di affidamento di lavori, l’art. 7 del citato decreto 626, faceva riferimento però ad una figura particolare, quella del datore di lavoro/committente (colui, cioè, che affida i “lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima”), essenzialmente pensato allo scopo di far fronte al rischio cd. interferenziale, ovvero quel rischio che si determina per il solo fatto della coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi. Tali doveri, però, non si riferivano al committente privato, non imprenditore, che avesse appaltato lavori edili a terzi.
Si escludeva, pertanto, che il committente potesse rispondere delle inadempienze prevenzionistiche verificatesi nell’approntamento del cantiere e nell’esecuzione dei lavori, delle quali rispondeva il solo datore di lavoro appaltatore.
Una responsabilità concorrente del committente veniva ravvisata in sostanza quando questi travalicava tale ruolo, assumendo di fatto posizione direttiva, vuoi perché si ingeriva nell’esecuzione dei lavori o perché datore di lavoro di fatto; vuoi perché i lavori erano stati eseguiti dall’appaltatore senza autonomia tecnica, con l’apprestamento da parte del committente delle apparecchiature di lavoro. In caso di appalto, quindi, l’osservanza delle norme antinfortunistiche incombeva all’imprenditore, titolare dell’organizzazione del cantiere e datore di lavoro di quanti v i operano.
Il committente, invece, salvo contrario accordo contenuto nel contratto di appalto, non aveva il diritto e tanto meno il dovere di intervenire o, comunque, ingerirsi in tale organizzazione dell’impresa con le logiche conseguenze sul piano sanzionatorio, nel senso che egli non rivestiva una autonoma posizione di garanzia a tutela della salute e della vita dei lavoratori dipendenti dal soggetto appaltatore, salvo che avesse in concreto assunto una diversa posizione, e ciò in ragione del principio di effettività, da sempre riconosciuto valido nella materia in esame (vedi, per la ricognizione dei principi sin qui esposti, Sez. 4 n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi e altri).
Nella sentenza testé richiamata si dà, tuttavia, conto del progressivo affinamento della riflessione in materia, grazie al quale si è pervenuti ad individuare, accanto all’ingerenza e all’assunzione di una posizione direttiva, una ulteriore fonte di doveri, ovvero il potere di governo della fonte di pericolo: “In materia di omicidio colposo per infortunio sul lavoro, il committente è corresponsabile con l’appaltatore o col direttore dei lavori, qualora l’evento si colleghi causalmente anche alla sua colposa azione od omissione. Ciò avviene sia quando egli abbia dato precise direttive o progetti da realizzare e le une e gli altri siano già essi stessi fonte di pericolo ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose. Il margine più o meno ampio di discrezionalità eventualmente conferito ai soggetti innanzi indicati (appaltatore e direttore dei lavori) non esclude di per sé la sua colpa concorrente sotto il profilo eziologico”.
Il quadro giuridico di riferimento, quindi, è mutato con il d. lgs. 494/96, poiché la figura del committente ha trovato in quello strumento normativo una espressa definizione [art., 2, co. 1, lett. b)], così come vi hanno trovato esplicitazione gli obblighi sullo stesso incombenti (art. 3). Il committente (o il responsabile dei lavori), nella fase di progettazione dell’opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell’esecuzione del progetto e nell’organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 626/1994; determina altresì, al fine di permettere la pianificazione dell’esecuzione in condizioni di sicurezza, dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, la durata di tali lavori o fasi di lavoro. Nella fase di progettazione esecutiva dell’opera, valuta attentamente, ogni qualvolta ciò risulti necessario, i documenti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), ovvero il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 12 e il piano generale di sicurezza di cui all’articolo 13 (la cui redazione grava sul coordinatore per la progettazione), nonché il fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e protezione dai rischi, ai quali sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e dell’allegato II al documento U.E. 260/5/93. Inoltre, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione esecutiva, in alcuni casi specifici, designa il coordinatore per la progettazione.
All’esito di tale ricognizione normativa, pertanto, può affermarsi che la figura del committente, in passato titolare di una posizione di garanzia ancorata – in base al principio dell’effettività – ad una ingerenza in concreto nell’attività dell’appaltatore/datore di lavoro, dal d. lgs. 494/96 in avanti è figura espressamente contemplata dalla normativa di settore, come tale fonte di obblighi di controllo e di intervento, diversamente declinati in base alle dimensioni e alla tipologia del cantiere. Il committente, soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia l’opera, è quindi titolare ex lege di una posizione di garanzia che integra quella di altre figure di garanti legali, tanto da poter anche designare formalmente un responsabile dei lavori, con compiti di tipo decisionale e gestionale, con esonero, nei limiti dell’incarico conferito, dalle responsabilità (Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, Rv. 256635).
L’individuazione di tale peculiare figura è del resto coerente con la complessiva configurazione del sistema di protezione di cui si parla, che tende a collegare la responsabilità penale al ruolo esercitato da alcune figure che di regola intervengono nell’ambito delle attività lavorative. Tale ruolo giustifica, quindi, l’attribuzione di una sfera di responsabilità per ciò che riguarda la sicurezza che si sostanzia nella previsione di alcuni obblighi sia nella fase progettuale che in quella esecutiva, destinati ad interagire e ad integrarsi con quelli delle altre figure di garanti legali. La normativa, peraltro, prevede ragionevolmente la possibilità che il committente non possa o non voglia gestire in proprio tale ruolo e, a tal fine, come già ricordato, gli è consentito designare un responsabile dei lavori (articolo 2 d. Ivo. 494/96, oggi art. 89 d.lgs. 81/2008<) che può essere incaricato dal committente, secondo la previgente disciplina, «ai fini della progettazione o della esecuzione o del controllo dell’esecuzione dell’opera>>, secondo l’art. 89 citato <<per svolgere i compiti ad esso attribuiti>> dallo stesso decreto 81/2008<.
La giurisprudenza di questa Corte, per lo più intervenendo in situazioni di contemporanea presenza nel cantiere di più imprese (art. 3 co. 3, d I.gs. 494/96) ha avuto modo di precisare che il committente è titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore qualora l’evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (Sez. 4 n. 10608 del 04/12/2012 Ud. (dep. 07/03/2013), Rv. 255282, proprio con riferimento ad un caso di inizio dei lavori nonostante l’omesso allestimento di idoneo ponteggio). Egli è, pertanto, esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine, ma non anche nel caso in cui abbia omesso di attivarsi per prevenire un generico rischio di caduta, immediatamente percepibile [Sez. 4 n. 1511 del 28/11/2013 Ud. (dep. 15/01/2014), Rv. 259086, con riferimento al rischio di caduta di operai che lavoravano su un cornicione, la cui instabilità risultava peraltro ben nota all’imputato; conf. Sez. 3 n. 12228 del 25/02/2015 Ud. (dep. 24/03/2015), Rv. 262757, in un caso in cui il committente aveva omesso di attivarsi per prevenire il rischio, non specifico, di caduta dall’alto di un operaio operante su un lucernaio].
Tale controllo, a differenza di quanto si sostiene in ricorso, non è di natura meramente formale, ma implica una effettiva e ragionata verifica circa le soluzioni adottate come è dimostrato dal fatto che il committente, ove non sia in condizione o non voglia assumere direttamente tale ruolo, può nominare un responsabile dei lavori sul quale trasferire la responsabilità nei limiti dell’incarico e dei poteri conferiti [cfr. in motivazione Sez. 4 n. 51190 del 10/11/2015 Ud. (dep. 30/12/2015)].
Così ricostruito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, tanto in capo al datore di lavoro (di regola l’appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche), che al committente, questa sezione ha però avvertito la necessità che tale principio non conosca una applicazione automatica, <<…non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori>> (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Rv. 252672).
Ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, “…occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo” (Sez. 4, n. 3563 del 2012 citata).
Il che presuppone, quindi, un attento esame della situazione fattuale: diverso è, evidentemente, il caso in cui il committente affidi in appalto lavori relativi ad un complesso aziendale di cui sia titolare, da quello di chi dia incarico ad un’impresa di ristrutturare o costruire un immobile (come nel caso in esame); rilevanti devono considerarsi i criteri seguiti dal committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera (quale soggetto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge e della capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa); fondamentale è poi l’accertamento di situazioni di pericolo così evidenti e macroscopiche da non poter essere ignorate da un committente sovente presente in cantiere.
4.2. La difesa – nell’individuare i poteri di controllo e verifica incombenti sul committente – ha sottolineato la specificità della presente situazione, caratterizzata dall’affidamento dei lavori ad un’unica impresa e dalla non perfetta sovrapponibilità delle norme di cui all’art. 3 comma 8 d. lgs. 494/96 e all’art. 90 d. lgs. 81/2008<, la seconda avendo delimitato detti poteri, mediante l’espunzione della locuzione “anche” dal testo normativo, non prevedendo che il committente “chieda” alla ditta la documentazione di cui alle lett. a) e b), ma considerando soddisfatto l’obbligo di verifica attraverso la “presentazione” della documentazione in questione.
Sul punto, deve rilevarsi che l’art. 3, co. 1, d. lgs. 495/96 richiama il committente ad attenersi ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’art. 3 del d. lgs. 626/94 e che, parallelamente, il comma 9 lett. a) dell’art. 90 citato prevede, in adempimento dell’obbligo di verifica da parte del committente, la presentazione, da parte del datore di lavoro, del certificato d’iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato però dalla autocertificazione sul possesso degli altri requisiti di cui all’allegato XVII.
Il citato allegato riguarda, per l’appunto, l’idoneità tecnico professionale dell’impresa e contiene un espresso richiamo alla documentazione minima che il datore di lavoro deve esibire al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato. Vi figurano, oltre alla iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, anche il documento di valutazione dei rischi (lett. b), la specifica documentazione attestante la conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo, di macchine, attrezzature e opere provvisionali (lett. c), l’elenco dei dispositivi di protezione individuali forniti ai lavoratori (lett. d), la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e delle altre figure preposte alla prevenzione dei rischi nel cantiere (lett. e), gli attestati inerenti la formazione (lett. g), oltre all’elenco dei lavoratori e al documento unico di regolarità contributiva (lett. h e i).
E’ evidente che l’intento del legislatore è stato quello di descrivere in maniera sufficientemente precisa il contenuto della verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’impresa da parte del committente, ma la portata di tale delimitazione non rimanda agli angusti ambiti entro cui le difese hanno inteso confinare il dovere incombente sul committente. Il controllo da esercitarsi sulla scorta della esibizione di tale documentazione, infatti, è sempre strettamente collegato alla realizzazione della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ove così non fosse, non si comprenderebbe la ragione per cui il legislatore ha imposto il trasferimento di una tale mole di informazioni dal datore di lavoro al committente.
Trattasi di dati che consentono al committente di svolgere un vaglio consapevole della idoneità della impresa prescelta, tenuto conto della natura e delle dimensioni dell’opera e dei tempi di realizzazione della stessa, dovendosi egli comunque attenere alle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, come elencate nell’art. 3 del d.lgs. 626/94 (e oggi recepite nell’art. 15 del T.U. 81/2008<).
L’obbligo di verifica documentale circa l’idoneità tecnico professionale della ditta prescelta non esaurisce, pertanto, come correttamente rilevato dal giudice del gravame e confermato dalle pronunce di legittimità sopra richiamate, i doveri di controllo cui è chiamato il committente rispetto al datore di lavoro.
5. Nel caso in esame, i numerosi elementi fattuali esposti nelle sentenze di merito sono stati correttamente utilizzati al fine di definire in concreto la posizione di garanzia, previamente individuata dalla norma.
5.1. Preliminarmente è doverosa una premessa di metodo, con riferimento alla valutazione di tali elementi e circostanze di fatto: lo scrutinio del giudice di legittimità, calibrato sulla scorta dei motivi di ricorso, può riguardare tanto la conformità della sentenza al dettato normativo di riferimento, che l’apparato argomentativo della stessa ai fini della verifica della sua esistenza non meramente apparente, e dell’insussistenza di profili di illogicità, contraddittorietà o incoerenza rispetto agli elementi di prova utilizzati. Restano, invece, “…precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
La motivazione del giudice del gravame in ordine alla ricostruzione delle cause del decesso, della dinamica del sinistro e di tutti gli elementi esposti ai punti da 1) a 8) dell’elenco di cui al § 2 è congrua, non contraddittoria, logica e del tutto coerente con le risultanze probatorie esposte nelle due sentenze di merito, cosicché le censure difensive che riguardano tali elementi di giudizio sono inammissibili, non potendo questo giudice sostituire a tale valutazione, immune da vizi, una propria rilettura di tali elementi probatori.
Ciò vale soprattutto per l’accertamento secondo cui tra le parti furono stipulati due distinti contratti di appalto, entrambi verbalmente conclusi, argomento che, come vedremo, assume rilievo centrale nella ricostruzione della posizione di garanzia differenziata in capo ai due imputati: la motivazione della sentenza impugnata sul punto specifico si sottrae alle censure difensive, essendo fondata su elementi fattuali certi, tra cui le stesse affermazioni del consulente della difesa, oltre che sulla natura dei lavori da eseguire, tali da far apparire assolutamente illogico che essi siano ripresi all’insaputa del committente e senza la previa rinegoziazione delle condizioni del contratto. Sul punto, va pure richiamato quanto esposto nella sentenza di primo grado a proposito delle deposizioni di FFFFFFF Rocco e Ffffffff fffffff, secondo cui i lavori di “tompagnatura” (quelli cioè relativi alla seconda fase) furono iniziati proprio su sollecitazione dell’YYYYYYYY.
5.2. Quanto alle censure in diritto, le stesse sono altrettanto infondate.
La Corte del merito ha correttamente ricostruito la condotta colposa del committente YYYYYYYY, sia con riferimento alla scelta della ditta appaltatrice, tenuto conto degli obblighi di verifica imposti dall’art. 3 co. 8 del d Igs. 494/96, che sulla scorta dell’omesso controllo dell’adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nel caso di specie totalmente omesse. Tali misure non devono essere approntate dal committente, rientrando certamente nel novero degli obblighi propri del datore di lavoro, ma la loro concreta adozione da parte di costui deve essere verificata e, in caso di accertata omissione, pretesa dal committente.
In tale prospettiva, del tutto correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che le capacità tecniche ed organizzative della ditta appaltatrice apparissero del tutto inadeguate alla tipologia dei lavori commissionati: la ditta era sottodimensionata rispetto all’entità dell’opera che prevedeva la “tompagnatura” di una struttura già eretta di ben tre piani di altezza; la ditta del FFFFFFF, al momento del decesso, stava impiegando la quasi totalità di operai in nero e l’opera richiedeva l’impiego di una forza lavoro superiore rispetto a quella formalmente indicata; il cantiere era del tutto privo dei minimi presidi di sicurezza e la ditta non aveva neppure adottato il documento di valutazione dei rischi e il P.O.S. Tali circostanze erano immediatamente percepibili dal committente YYYYYYYY, in quanto soggetto solito frequentare giornalmente il cantiere e che, soprattutto, aveva sollecitato e negoziato l’esecuzione dei lavori oggetto del secondo accordo verbale.
Giova, altresì, ricordare che neppure era stato adempiuto l’obbligo, sempre stabilito dall’art. 3 co. i. a carico di tutti i committenti, di prevedere nel progetto la durata dei lavori e delle varie fasi di essi, obbligo che, proprio per le modalità che in concreto hanno caratterizzato la presente fattispecie – con la suddivisione dei lavori in due fasi distinte – ha assunto una evidente efficacia causale rispetto all’evento. Tale adempimento è oggi declinato nelle lett. a) e b) del comma 1 dell’art. 90 del d.lgs. 81/2008<.
La riscontrata inadeguatezza dimensionale dell’impresa con impiego di lavoratori irregolari, a fronte della entità e tipologia dell’opera in esecuzione, in uno con le macroscopiche irregolarità del cantiere, palesemente ed immediatamente evidenti, imponevano l’esercizio dei poteri di inibizione propri del committente, la cui attivazione avrebbe pertanto scongiurato l’evento verificatosi proprio a causa di tali inadeguatezze ed inadempienze. A fronte di tale situazione, nessun pregio può riconoscersi alla osservazione difensiva, secondo cui l’impiego di forza lavoro non regolare sarebbe stato ignorato dal giudice del gravame: la censura, lungi dall’indebolire l’apparato argomentativo della sentenza, finisce con il rafforzarlo, atteso che la riscontrata presenza di lavoratori “in nero” è speculare alla accertata inadeguatezza della forza lavoro regolare dell’impresa, come sottolineato dalla Corte d’appello alla pag. 7 della sentenza impugnata.
Parimenti dicasi per la mancata adozione del P.O.S. e per la mancata predisposizione delle opere provvisionali e di qualsivoglia dotazione di sicurezza: il committente, infatti, deve prendere in considerazione l’adozione di tali misure sin dalla fase di progettazione dell’opera, soprattutto ove si consideri – come bene ha fatto il giudice d’appello – la natura del rischio all’esame, quello cioè della caduta dall’alto, immediatamente percepibile e oggetto di un potere di controllo del tutto generico e, quindi, tanto più esigibile da un committente presente in cantiere che neppure ha inteso nominare un responsabile dei lavori (sul punto, cfr. pag. 8 della sentenza di primo grado).
5.3. Così inteso, l’obbligo di verifica riconducibile al committente non si è tradotto in un inammissibile dovere di controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, che la legge non individua, né in un rimprovero per la violazione di obblighi che fanno capo ad altra figura di garante legale. Esso è stato delimitato e calibrato in base alla capacità di governo della fonte di pericolo da parte del soggetto portatore dell’interesse primario alla realizzazione dell’opera, che ha messo cioè in moto l’attività in cui si è concretizzata l’esposizione a rischio della vittima. Ed infatti, anche se l’inidoneità dell’impresa non può farsi discendere dal solo fatto dell’avvenuto infortunio, questa sezione ha già chiarito che “…il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico – professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati…”, pur essendosi precisato, con riferimento alla verifica di una culpa in eligendo, che essa deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice (Sez. 4 n. 44131 del 2015 citata), onere assolto, nel caso di specie, dalla Corte napoletana.
Il dovere di intervento del committente è stato infatti ricondotto alla posizione di garanzia dal medesimo assunta nel contesto del rischio connaturato alla esecuzione dell’opera appaltata. Egli doveva verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa, verifica che, nel caso di specie, andava cronologicamente collegata non solo alla scelta iniziale della ditta FFFFFFF, ma anche alla conferma della stessa nella fase successiva dei lavori, nel corso della quale si verificò il tragico evento. Tale controllo non poteva esaurirsi, come vorrebbe la difesa, nella mera presa d’atto formale dei documenti esibiti (all’inizio dei lavori) dalla ditta appaltatrice, in un’ottica dunque di disincentivazione dell’impiego di manodopera in nero, essendo esso finalizzato alla realizzazione dello scopo primario della norma, in base ai principi e alle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, cui rinvia l’art. 3 del d.lgs. 494/96 (e, oggi, anche l’art. 90 del d. lgs. 81/2008< mediante il richiamo all’art. 15 dello stesso decreto).
Il committente, quale quello che, come nel caso di specie, affidi i lavori ad un’unica impresa, concorre, in definitiva, unitamente alle altre figure di garanti legalmente individuati, ognuno con precisi doveri, differentemente declinati dal legislatore, alla gestione del rischio connesso alla realizzazione di un’opera che ha specifiche caratteristiche ed è a lui riconducibile direttamente, in quanto ideatore, progettatore e finanziatore e, pertanto, vero dominus di essa, titolare di poteri di inibizione, la mancata attivazione dei quali, nel caso di specie, ha consentito la prosecuzione dei lavori in totale difformità alle norme più elementari poste a presidio dell’incolumità dei lavoratori impegnati nella esecuzione dell’opera stessa, ponendosi in rapporto di causa-effetto con il decesso dell’operaio Zzzzzzzz zzzzzzzzz.
6. L’inquadramento normativo nei termini che precedono, in uno con gli elementi di fatto valutati dai giudici di merito, non consentono, tuttavia, di ritenere dimostrata anche in capo alla imputata XXXXX la stessa condotta omissiva ravvisata in capo al coimputato YYYYYYYY.
Nei confronti di costei nessuno dei giudici di merito ha esposto elementi e circostanze di fatto che la ricolleghino al cantiere e all’attività che vi si svolgeva, diversi dalla formale committenza e dalla titolarità dell’erigendo edificio.
Cosicché, nel suo caso, il rimprovero sulla scelta dell’impresa non potrebbe andare oltre la verifica documentale condotta nella fase iniziale dei lavori, mentre – con riferimento alla seconda fase di essi, quella cioè in cui si verificò l’evento mortale – nel giudizio di merito non è emerso alcun elemento che ricolleghi l’imputata alla stipula del relativo accordo verbale, essendo emerso che esso fu stipulato dal solo YYYYYYYY, con la conseguenza che la stessa non ha assunto, almeno rispetto alla fase di lavori interessata dall’evento mortale, alcuna posizione legale di garanzia. A meno di ritenere che essa derivi dalla stipula del primigenio accordo, il che può sostenersi solo in virtù di un inammissibile ragionamento presuntivo.
In difetto di elementi che dimostrino che anche la XXXXX ha effettivamente assunto la posizione di garante legale e che dalla stessa poteva esigersi l’attivazione del potere di controllo sulla fonte del rischio, cui ricondurre la condotta omissiva contestata, si impone nei suoi confronti l’annullamento della sentenza senza rinvio con formula assolutoria per non avere commesso il fatto.
7. Al rigetto del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato Yyyyyyyy yyyyyyy, invece, segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese in favore della parte civile Bbbbb bbbbb bbbbbbb che si stima equo liquidare in euro 3.000,00, oltre accessori come per legge, nonché delle parti civili Zzzzzzzzz ddddddd, Zzzzzzzzz ccccccccc e Zzzzzzzzz eeeeeeee che si stima equo liquidare in euro 4.200,00, comprensivi dell’aumento del 20% per ciascuna oltre la prima, con accessori come per legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Xxxxx xxxx per non aver commesso il fatto.
Il Consigliere est. Gabriella Cappello | Il Presidente Luisa Branchi |
Archivio delle Sentenze della Corte di Cassazione<<<<
Relazioni e Documenti della Corte di Cassazione<<<<
InfoCuria – Giurisprudenza della Corte di Giustizia<<<
Ispettori del lavoro Associati<<<
Pagina Facebook ILA – Ispettori del lavoro Associati<<<
Sentenza n. 26808/2016 del 22/12/2016 della Corte di Cassazione<<<
Sentenza n. 12678/2016 relativa all’infortunio di un lavoratore in nero<<<
Sentenza Cassazione Penale n. 10448/2010 Omissione di specifica valutazione dei rischi<<<
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.