Sentenza della Corte di Cassazione n. 3811/2017 del 05.07.2016, DURC FALSO

Sentenza della Corte di Cassazione n. 3811/2017 del 05.07.2016, DURC FALSO

Sentenza n. 3811/2017 del 05.07.2016della Corte di Cassazione, DURC FALSO

Penale Sent. Sez. 5 Num. 3811 Anno 2017, Presidente: PALLA STEFANO, Relatore: PEZZULLO ROSA, Data Udienza: 05/07/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

XXXXXXXXX XXXXXXXX nato il 28/04/19xx a PALERMO

avverso la sentenza del 17/12/2015 della CORTE APPELLO di PALERMO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA del 05/07/2016, la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO

Udito il Procuratore Generale in persona del GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per

Uditi difensor Avv.;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Giuseppe Corasaniti, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore dell’imputato avv.to Fabio Calderone, che ha concluso riportandosi al ricorso.

RITENUTO IN FATTO

  1. Con sentenza del 17.12.20015 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa dal locale Tribunale in data 3.12.2014 ordinava che della sentenza di condanna nei confronti di Xxxxxxxxx xxxxxxxx non sia fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale, confermando nel resto la sentenza impugnata, ossia la condanna del medesimo imputato alla pena di mesi due di reclusione. In particolare, al Xxxxxxxxx era stato ascritto il reato di cui agli artt. 476 e 482 c.p., per avere quale legale rappresentante della Vxxxxxx s.r.l. formato un falso DURC (documento unico della regolarità contributiva) apparentemente rilasciato dall’INPS il 2.2.2011.
  2. Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, con i quali lamenta:

-con il primo motivo, la violazione di legge, ai sensi dell’art.192/1 e 546 lett. e) c.p.p., in conformità a quanto previsto dall’art. 6/2 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, per l’omessa valutazione della prova, dando conto in motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati, in relazione all’ inquadramento del fatto-reato quale falso grossolano ed al conseguente riconoscimento dell’ ipotesi di delitto impossibile, ex art. 49 c.p., nonché la violazione del disposto di cui all’art.125 c.p.p.; invero, le risultanze processuali avrebbero dovuto condurre all’inquadramento della fattispecie in esame nell’ipotesi di falso grossolano, proprio a seguito della nota INAIL del 24.9.2010 e, comunque, la pronuncia assolutoria per inidoneità della contestata condotta di falsificazione (c.d. falso grossolano), da inquadrarsi nell’ipotesi del reato impossibile ex art. 49 comma 2 c.p. si imponeva anche in base alla considerazione che, ai sensi dell’art. 4 comma 2 Decreto Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 24.10.2007, il DURC deve contenere: a) la denominazione o ragione sociale, la sede legale e un’unità operativa, il codice fiscale del datore di lavoro; b) l’iscrizione agli Istituti previdenziali e, ove previsto, alle Casse edili; c) la dichiarazione di regolarità, ovvero non regolarità contributiva, con indicazione della motivazione o della specifica scopertura; d) la data di effettuazione della verifica di regolarità contributiva; e) la data di rilascio del documento; f) il nominativo del responsabile del procedimento; l’acquisita copia del DURC attribuito alla Vxxxxxx s.r.l. non riporta tutti tali requisiti di fatto, rendendo anche per tale circostanza il medesimo documento ictu °cui/ inidoneo ad assolvere all’obbligo di certificazione richiesto ex lege;

-con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., per mancanza di motivazione della sentenza impugnata, in relazione agli artt. 125, 192/1, 546 lett. e) c.p.p., in ordine alla richiesta di riqualificazione del fatto nell’ambito degli artt. 477 e 482 c.p., in conformità a quanto previsto dall’art.6 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo; invero, la richiesta di riqualificazione del fatto di reato nell’ambito della previsione di cui all’art. 477 e 479 c.p. di falsità materiale commessa dal privato (art.482 c.p.) in certificati o autorizzazioni amministrative trae origine dalla circostanza che il DURC deve essere qualificato come “certificato” , attestando, sulla base di un’unica richiesta, contestualmente la regolarità (o meno) di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali ed assicurativi, nonché di tutti gli obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di Inps, Inail e Casse Edili; la natura di certificato amministrativo del DURC è dovuta al fatto che lo stesso costituisce mera attestazione di verità di scienza, priva di contenuto negoziale, svincolata dal compimento di attività direttamente percepite o effettuate dal pubblico ufficiale e relativa a fatti dei quali è già stata accertata l’esistenza; sul punto può esser considerata l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla valenza del DURC come atto avente carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della P.A., assistito da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c., facente prova fino a querela di falso, non residuando in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione e di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute; la Corte d’appello sul punto, pur facendo menzione nella impugnata sentenza del motivo di gravame afferente la richiesta di riqualificazione giuridica ai sensi dell’art.477 e 482 c.p., non ha preso in esame la doglianza difensiva incorrendo in violazione del disposto di cui all’art. 546 c.p.p., con conseguente pretermissione della valutazione di una norma sovranazionale sempre identificabile nell’art. 6 della Convenzione E.D.U., secondo cui il diritto ad un equo processo, prevede il diritto delle parti processuali di presentare eventuali osservazioni pertinenti al caso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

  1. Il primo motivo di ricorso, con il quale l’imputato invoca la ricorrenza del falso grossolano, è manifestamente infondato, atteso che, come rilevato dalla sentenza di primo grado -da leggersi unitamente a quella di appello, integrando un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (Sez. VI, n. 49970 del 19/10/2012)- la falsità del DURC oggetto di contestazione è stata accertata solo a seguito della consultazione dell’archivio unificato INPS-INAIL-Cassa Edile, effettuata dal Nucleo Ispettorato del lavoro dei C.C. di Palermo.

1.1. Non può trovare, pertanto, applicazione, nella fattispecie in esame, la grossolanità della contraffazione, che dà luogo al reato impossibile, posto che ricorre tale ipotesi solo quando il falso sia “ictu ocu/i” riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si debba far riferimento, né alle particolari cognizioni ed alla competenza specifica di soggetti qualificati, né alla straordinaria diligenza di cui alcune persone possono esser dotate (arg. ex Sez. 5, n. 6873 del 06/10/2015, Rv. 266417, Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015).

1.2. Peraltro, in tema di falso, quando esso sia stato scoperto e si discuta se lo stesso fosse così grossolano da dover essere riconoscibile ictu ocu/i per la generalità delle persone, ovvero sia stato scoperto per effetto di particolari cognizioni o per la diligenza di determinati soggetti, la valutazione dell’inidoneità assoluta dell’azione, che dà luogo al reato impossibile, dev’essere fatta “ex ante”, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non “ex post” (Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013).

  1. Fondate si presentano, invece, le deduzioni di cui al secondo motivo di ricorso, circa l’omessa risposta da parte dei giudici d’appello alla doglianza difensiva, sviluppata con il secondo motivo di appello, circa la configurabilità, nella fattispecie in esame, del reato di cui agli artt. 477-482 c.p., invece di quello di cui agli artt. 476-482 c.p.

2.1. Invero il Documento Unico di Regolarità Contributiva è un certificato unico che attesta la regolarità di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento: le imprese effettuano un’unica richiesta di rilascio della regolarità contributiva ad uno degli enti citati- anziché tre richieste (ciascuna per ogni ente), come avveniva anni addietro. Secondo la definizione di cui all’art. 4 del D.M. 24 ottobre 2007 e 6, co. 1, D.P.R. n. 207/2010, il DURC è appunto il certificato che attesta contestualmente la regolarità dell’ operatore economico per quanto concerne gli adempimenti INPS, INAIL, nonché Cassa edile per i lavori, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento.

2.2. Dalla natura di “attestazione” del DURC discende che la Corte territoriale investita specificamente della questione con il secondo motivo di appello avrebbe dovuto considerare i principi più volte espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui integra il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo commesso dal privato, di cui al combinato disposto degli artt. 477 e 482 cod. pen., la condotta costituita dalla formazione di un falso attestato (ad es. attestato di servizio o dell’avvenuta revisione di un autoveicolo con esito positivo, Sez. 5, n. 38931 del 02/04/2015; Sez. 5, n. 46499 del 01/07/2014).

  1. Da ciò consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo, la quale terrà conto nella nuova valutazione della suddetta natura giuridica del DURC, al fine del corretto inquadramento del fatto attribuito all’imputato.

Restano in tale valutazione assorbiti gli ulteriori profili di censura sviluppati dal ricorrente.

p.q.m.

annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo.

Così deciso il 5.7.2016

 

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