RISOLUZIONE N. 134/E Agenzia delle entrate Direzione Centrale Normativa 26/10/2017 “Imputazione degli utili al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente”

Gentili colleghi,

ritenendo di fare cosa gradita nei confronti degli associati e non, lo Staff ILA segnala la RISOLUZIONE N. 134/E Agenzia delle entrate Direzione Centrale Normativa 26/10/2017 “Imputazione degli utili al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente”<

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RISOLUZIONE N. 134/E Agenzia delle entrate Direzione Centrale Normativa 26/10/2017 “Imputazione degli utili al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente”<

OGGETTO: Interpello art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 Imputazione degli utili al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente – art. 5 TUIR<, legge 20 maggio 2016, n. 76, art. 230-ter c.c.

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente

QUESITO

L’interpellante … titolare dell’omonima ditta individuale … con sede in … (..), via …., riferisce di essersi avvalso della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) e di avere sottoscritto in data 29 novembre 2016 a mezzo scrittura privata autenticata del notaio dott. …un atto modificativo di impresa familiare nel quale dichiarava la cessazione al 31 dicembre 2016 della prestazione d’opera resa dalla madre sig.ra … e l’inserimento nell’impresa della sig.ra … in qualità di convivente di fatto, come da dichiarazione anagrafica dell’8 novembre 2016.

L’istante afferma di avere effettuato nei termini previsti la cancellazione presso l’INPS, l’INAIL e la CCIA della sig.ra … e la contestuale iscrizione della sig.ra … In data 31 marzo 2017 l’INPS emanava la circolare n. 66 dell’INPS in seguito alla quale l’istante veniva costretto alla cancellazione sin dall’origine della sig.ra …(convivente di fatto) dall’INPS e dalla CCIA.

Stante quanto esposto, l’istante chiede chiarimenti in ordine alla validità dell’impresa familiare come risultante dall’atto notarile richiamato, con particolare riferimento alla possibilità di conferire, a decorrere dall’anno di imposta 2017 ed in applicazione dell’istituto di cui all’art. 230-ter c.c., una parte di utili alla sig.ra … Produce, tra gli altri documenti, copia della dichiarazione anagrafica per la costituzione della convivenza di fatto dell’08 novembre 2016, copia dell’atto modificativo di impresa familiare del 29 novembre 2016 e copia della comunicazione (del 30 gennaio 2017) di iscrizione di … come collaboratore d’impresa.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’istante ritiene di potere imputare, a decorrere dall’anno di imposta 2107, una parte degli utili alla sig.ra … quale convivente di fatto.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Il quesito posto con l’istanza di interpello ha ad oggetto il corretto trattamento fiscale della quota che l’istante intenderebbe imputare, a titolo di partecipazione agli utili ed a decorrere dal 2017, alla convivente di fatto …, in esecuzione dell’atto modificativo di impresa familiare del 29 novembre 2016 ed in applicazione dell’istituto regolato dall’articolo 230-ter c.c.

Al riguardo, si osserva che la legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso (art. 1) e disciplinato il regime delle convivenze di fatto, la cui definizione è contenuta nell’art. 1, comma 36, ovvero “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” (art. 1, comma 36). La citata legge (c.d. Legge Cirinnà) ha apprestato forme di tutela differenziate tra le parti dell’unione civile ed i conviventi, estendendo solo alle prime ed in forza dell’art. 20, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’ o termini equivalenti….contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi nonché nei contratti collettivi”.

La Legge Cirinnà è intervenuta altresì sulla disciplina dell’impresa familiare, in una duplice direzione:

– da un lato, estendendo alle unioni civili la disciplina civilistica dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del c.c. (mediante il rinvio contenuto nell’art. 1 comma 13 all’intero capo VI del titolo VI del libro primo del c.c.);

– dall’altro introducendo nel codice civile l’articolo 230-ter, rubricato “Diritti del convivente”, recante la regolamentazione delle prestazioni di lavoro rese in favore del convivente more uxorio.

Tale ultima norma riconosce “Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente…il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato”.

Si prevede inoltre che il diritto di partecipazione non spetti “qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato”.

La scelta del legislatore di introdurre una disciplina specifica per il convivente, diversa da quella dell’impresa familiare regolata dal precedente art. 230- bis del c.c., riflette l’intenzione di mantenere su posizioni differenti la collaborazione del convivente rispetto a quella del familiare (o della parte civile, alla quale la disciplina dell’impresa familiare è applicabile), come si evince da alcune diversità di rilievo dei regimi previsti dagli articoli 230-bis e 230-ter del c.c. Tra queste, l’esclusione del convivente dal diritto al mantenimento nonché dal diritto alla partecipazione alle decisioni dell’impresa, diritti spettanti invece al familiare ed alla parte civile (art. 230-bis comma 1 c.c.)

Elementi costitutivi della fattispecie delineata dall’art. 230-ter del c.c. sono: a) il rapporto di convivenza; b) lo svolgimento stabile di prestazioni di lavoro; c) l’esistenza di un’impresa cui risulti connessa la prestazione lavorativa.

La disciplina recata dall’art. 230-ter c.c. è infine una disciplina residuale, applicabile solo laddove non sia configurabile tra i conviventi un diverso rapporto, “di società o di lavoro subordinato”.

Il regime tributario dell’impresa familiare è regolato dal comma 4 dell’articolo 5 del TUIR<, recante la disciplina fiscale dei redditi delle imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile. La citata norma stabilisce che tali redditi siano imputati, “limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore…a ciascun familiare che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”. Detta imputazione proporzionale non può superare complessivamente il 49 per cento dell’ammontare del reddito risultante dalla dichiarazione annuale dell’imprenditore ed è subordinata al rispetto delle condizioni elencate alle lettere a), b) e c) del comma 4 della medesima norma. L’imputazione proporzionale con il limite del 49 per cento presuppone a sua volta la partecipazione all’impresa di un soggetto avente lo status di ‘familiare’, ovvero “il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado” (comma 5).

Si osserva che l’articolo 5, comma 4, del TUIR< richiama solo l’art. 230-bis del c.c e non anche l’art. 230-ter del c.c., che reca la specifica disciplina dei diritti spettanti al convivente che partecipa all’impresa dell’altro convivente.

Ciò porterebbe ad escludere l’applicazione a tale ultima ipotesi della norma fiscale richiamata. Tuttavia, il riferimento alla “partecipazione agli utili dell’impresa familiare” spettanti al convivente, contenuto nell’art. 230-ter, consente di applicare anche a questa fattispecie i principi generali che hanno portato alla collocazione dell’impresa familiare all’interno dell’articolo 5 del TUIR<.

Al riguardo, con circolare n. 40 del 1976 il Ministero delle Finanze ha precisato che tale collocazione non significa che nel caso di impresa familiare si tratta di reddito prodotto in forma associata, ma ribadisce il principio di trasparenza, in virtù del quale il reddito prodotto da un determinato soggetto tra quelli contemplati dallo stesso art. 5 è imputato a ciascuno degli aventi diritto, indipendentemente dalla percezione del reddito ed in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili.

Nel medesimo documento di prassi si precisa inoltre la duplice qualificazione dei redditi conseguiti nell’esercizio dell’impresa familiare, ovvero reddito d’impresa per il titolare (attesa la natura dell’impresa familiare come impresa individuale), redditi di partecipazione per i collaboratori familiari.

Ciò considerato, si ritiene che il reddito spettante alla convivente di fatto …, derivante dalla partecipazione agli utili dell’impresa del convivente sia a lei imputabile in proporzione alla sua quota di partecipazione.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

RISOLUZIONE N. 134/E Agenzia delle entrate Direzione Centrale Normativa 26/10/2017 “Imputazione degli utili al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente”<

 

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