Approfondimento: Il preposto, guardiano della sicurezza nei luoghi di lavoro: compiti, responsabilità, potenzialità

Per gentile concessione dell’editore Eutekne, pubblichiamo l’articolo dal titolo “Il preposto, guardiano della sicurezza nei luoghi di lavoro: compiti, responsabilità, potenzialità” a cura degli Ingg. Gianfranco Amato e Gerardo Donato Lanza, pubblicato sul numero 70 del mese di novembre 2021 della rivista “La consulenza del Lavoro”.

Si ringrazia l’editore per la concessione.

Il preposto, guardiano della sicurezza nei luoghi di lavoro: compiti, responsabilità, potenzialità

Gerardo Donato LANZA, Gianfranco AMATO*

* Funzionari dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Il presente contributo, ai sensi della nota INL 24.11.2020 n. 492, ha natura personale e non impegnativa in alcun modo per la Pubblica Amministrazione di appartenenza, in quanto le considerazioni in esso esposte sono frutto esclusivo del pensiero degli autori

 

Tra le figure operative della sicurezza che possono incidere per la diminuzione degli infortuni, un ruolo fondamentale lo riveste il preposto. Normativamente non è obbligatorio che tale figura venga istituita in tutte le realtà aziendali, pertanto spesso manca un anello molto forte di collegamento tra le misure di prevenzione e protezione individuate a valle del processo di valutazione del rischio e il controllo della loro reale applicazione.

1.   Premessa

In questi mesi registriamo una maggiore sensibilità della politica e della società civile al tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ciò anche in considerazione dell’incremento degli eventi infortunistici verificatisi, di cui diversi con esito tragico, che inducono ad incrementare le risorse economiche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), a cui auspicabilmente il Governo dovrebbe attingere per una miglior tutela dei lavoratori, sia attraverso maggiori finanziamenti alle aziende, affinchè si dotino di attrezzature più sicure, sia assicurando adeguate risorse alla vigilanza (assunzione di ulteriore personale ispettivo presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), fondi per formazione e valorizzazione dei funzionari di vigilanza, ecc.).

L’esperienza maturata sul campo ci porta ad analizzare una delle figure che gli scriventi ritengono possa maggiormente incidere sulla sicurezza in “opera”, ossia quella del “Preposto” (in edilizia capocantiere), di cui probabilmente non si sono ancora ben comprese l’importanza e le responsabilità legate al ruolo.

2.   Ruolo del preposto

Ai sensi dell’art. 2 co. 1, lett. e) del DLgs. 81/2008 (di seguito TUSL), per preposto si intende “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.

La richiamata definizione presuppone in capo al preposto, quindi, adeguata competenza e poteri gerarchici e decisionali nel sovrintendere i lavori nel rispetto delle direttive ricevute. Tuttavia la presenza continua sul posto di lavoro, nella generalità dei casi, non viene espressamente richiesta dalla normativa, se non in casi particolari, quali, ad esempio, il montaggio e lo smontaggio dei ponteggi in edilizia (art. 123 co. 1 TUSL), paratoie e cassoni (art. 149 co. 2 TUSL) ovvero le attività in luoghi confinati o nelle demolizioni (art. 151 co. 1 TUSL), ecc.

Ciononostante, le aziende, secondo una interpretazione corrente, assegnano al preposto una rilevanza maggiormente orientata al controllo dei processi produttivi e non alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Nei cantieri edili, addirittura, tale figura spesso non risulta essere nemmeno designata o risulta essere coincidente con il datore di lavoro/titolare della ditta che di solito permane solo occasionalmente nel luogo di lavoro/cantiere. È di tutta evidenza, invece, che è proprio il preposto che dovrebbe sovrintendere i lavori, con una presenza costante nei luoghi di lavoro, per dare indicazioni operative sulle modalità esecutive delle lavorazioni che tengano nella debita considerazione la salute e sicurezza delle maestranze.

Su tale figura ricadono rilevanti responsabilità penali che sovente vengono addebitate, in caso di infortunio, alla figura che anche di fatto svolge o dovrebbe svolgere tale ruolo. Responsabilità che derivano da una visione giurisprudenziale consolidata[1], che ascrive:

  • al datore di lavoro la progettazione del sistema prevenzionistico generale dell’azienda e delle sue eventuali unità operative (vedasi cantieri edili);
  • al dirigente l’attuazione delle direttive impartite dal datore di lavoro;
  • al preposto, esso stesso operativo a fianco dei lavoratori da egli coordinati, la supervisione dell’attività lavorativa del suo team/squadra.

Quindi, se da un lato il preposto è tenuto a sovrintendere alla correttezza dei comportamenti dei lavoratori coordinati, nel rispetto dei suoi obblighi, previsti dal citato art. 19 del TUSL (uso di DPI, ecc.), d’altra parte gli appartiene anche un ruolo attivo in merito a quanto già previsto dal datore di lavoro, che, con la collaborazione del servizio di prevenzione e protezione (medico competente, RSPP, dirigenti, ecc.), deve individuare le misure preventive e protettive, a seguito dell’analisi dei rischi. Si inserisce in questa cornice l’obbligo di segnalare al datore di lavoro tutte le criticità che riscontra durante le lavorazioni, ovvero “ogni condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro” (art. 19, lett. f) TUSL), sia esso imputabile a problemi ab origine che a quelli che si verificano durante le lavorazioni per rotture o altro.[2]

Andando ad analizzare puntualmente gli obblighi previsti dall’art. 19 del TUSL, si rende evidente che sul preposto ricadono rilevanti incombenze e responsabilità:

  • “sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti”. In sostanza, alla vigilanza sugli obblighi dei lavoratori, già sufficientemente trattati, si aggiunge anche un dovere di “agente”, in quanto deve riferire ai suoi superiori le eventuali inosservanze che possono dar seguito a sanzioni interne da parte del datore di lavoro;
  • “verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico”. In questo caso, oltre a vigilare affinché i lavoratori non vengano esposti a rischi per cui non sono stati informati e formati, devono, comunque, assicurarsi che gli stessi abbiano ricevuto le necessarie istruzioni operative, entrando così anche nella valutazione della effettività della formazione assicurata dal datore di lavoro;
  • “richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa”. Insomma deve sovrintendere alle modalità esecutive delle lavorazioni, ma deve anche vigilare sull’idoneo comportamento delle maestranze in caso di emergenza;
  • “informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione”. Viene così messa a suo “carico” anche l’informazione da fornire ai lavoratori in caso di emergenza, quasi ad individuarlo come formatore sul posto;
  • “astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato”. Questa previsione normativa prevede che il preposto abbia anche una forte attitudine decisionale, aspetto che comporta una rilevante assunzione di responsabilità;
  • “segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta”. Qui il preposto deve essere in grado, assumendosene la responsabilità, di valutare eventuali carenze di mezzi o DPI, ma anche delle procedure preventive e protettive individuate, segnalandole se del caso ai suoi superiori;
  • “frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37 TUSL” (vedi infra). In buona sostanza il preposto, figura “adiacente” alla squadra/team di lavoro, diventa una sorta di tutor per i lavoratori coordinati, ma anche consigliere “principe” del datore di lavoro, assumendo quindi, anche in considerazione della sua prossimità ed operatività, una funzione centrale di garanzia della sicurezza a tutti i livelli.

3.   Formazione del preposto

Il TUSL prevede che la sua formazione generale sia equivalente a quella dei dirigenti. L’art. 37 co. 7 recita: “I dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:

  1. principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
  2. definizione e individuazione dei fattori di rischio;
  3. valutazione dei rischi;
  4. individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.”

L’accordo Stato-Regioni del 21.12.2011, che disciplina la formazione dei lavoratori, ha previsto una differenziazione tra i percorsi formativi dei dirigenti e dei preposti, specificando che la formazione dei preposti è aggiuntiva, mentre quelle dei dirigenti è sostitutiva rispetto alla formazione dei lavoratori, incidendo anche sulla durata ed i contenuti del corso. Infatti, il citato accordo ha specificato che i contenuti della formazione del preposto devono affrontare anche i seguenti argomenti:

  • principali soggetti del sistema di prevenzione aziendale: compiti, obblighi, responsabilità;
  • relazioni tra i vari soggetti interni ed esterni del sistema di prevenzione;
  • definizione e individuazione dei fattori di rischio;
  • incidenti e infortuni mancati;
  • tecniche di comunicazione e sensibilizzazione dei lavoratori, in particolare neoassunti, somministrati, stranieri;
  • valutazione dei rischi dell’azienda, con particolare riferimento al contesto in cui il preposto opera;
  • individuazione misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione;
  • modalità di esercizio della funzione di controllo dell’osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni di legge e aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali messi a loro disposizione.

Ne deriva che al preposto devono essere fornite dettagliate informazioni sulle procedure di sicurezza da far rispettare ai lavoratori, ma anche riguardo alle tecniche di comunicazione e sensibilizzazione, nonché sulle modalità di controllo del rispetto delle regole da parte dei lavoratori. Il legislatore, quindi, ha inteso far rientrare indiscutibilmente la figura del preposto fra i soggetti aventi obblighi di garanzia verso terzi ai fini della sicurezza, unitamente a tutte le altre figure previste dal TUSL, per il rispetto di tutta la normativa e la tutela dei lavoratori a fini di salute e sicurezza, seppure con le diverse graduazioni di responsabilità e sanzionabilità.

4.   Principio di effettività

Se è pur vero che la responsabilità penale del preposto è circoscritta ai doveri collegati al suo ruolo e non anche ai compiti specifici delle altre figure ad esso sovraordinate, d’altro canto è lui che ha il polso della situazione circa lo stato delle macchine, delle attrezzature, delle procedure in uso, del personale, che quotidianamente afferiscono alla produzione di beni e servizi.

Ecco perché, se da un lato la normativa in materia di sicurezza, riformata dal DLgs. 106/2009, ha alleggerito le responsabilità del preposto, con conseguente inapplicabilità di diversi obblighi e sanzioni previste da TUSL originario, in caso di eventi infortunistici la giurisprudenza[3] si sta progressivamente orientando verso l’effettività e non sul “formalismo normativo”. Del resto, anche l’art. 299 TUSL consente di delineare una figura responsabile “di fatto”, a prescindere dalla individuazione formale e, di conseguenza, di contestare eventuali addebiti, anche di natura penale. Gli stessi organi di vigilanza, anche su impulso dell’Autorità Giudiziaria, rivolgono particolare attenzione nell’accertamento dei ruoli e delle responsabilità, anche di fatto, all’interno dell’azienda.

5.   Violazioni previste dal TUSL

Con il DLgs. 106/2009 si è assistito di fatto ad una sorta di deminutio delle responsabilità e delle competenza del preposto che riteniamo assolutamente ingiustificata, a cui si aggiunge la carenza normativa, che non contempla tale figura tra quelle di individuazione obbligatoria per tutte le unità operative e/o per tutti i reparti, sia per le aziende più complesse e strutturate che per i cantieri temporanei e mobili (grandi e piccoli) dove le condizioni di lavoro, spesso mutevoli e non sempre prevedibili, determinano un’alta incidenza infortunistica.

Le sanzioni per il preposto, in via generale, sono determinate dall’art. 56 del vigente TUSL, per le violazioni degli obblighi previsti dall’art. 19 dello stesso TUSL, ove si può notare che, pur trattandosi di violazioni penali, la massima pena prevede l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda di 1.474,21 euro. Tale importo massimo, in caso di ottemperanza alle prescrizioni, eventualmente impartite per le violazioni dei relativi obblighi, viene ridotto ad 1/4, ai sensi del DLgs. 758/94 e, pertanto, a poco più di 350,00 euro. Sanzione solo doppia rispetto alle sanzioni elevabili al lavoratore in caso di violazione dei suoi obblighi (utilizzo corretto delle attrezzature di lavoro, DPI vari, ecc.) sebbene quest’ultimo, non sia individuato quale garante della sicurezza altrui.

Altre sanzioni per il preposto sono previste dall’art. 263, per le violazioni degli obblighi ascritti a questa figura di cui ad alcuni titoli specifici del TUSL, ma la pena massima, comunque, prevede l’arresto sino a due mesi o l’ammenda massima di 1.965,61 euro, comunque inadeguata rispetto alle sue responsabilità e che non giova ad “incentivare” il ruolo attivo volto ad arginare gli infortuni.

Come detto, la designazione del preposto, ad eccezione di quanto previsto dagli artt. 123, 149, 151 TUSL, non è obbligatoria, esponendo l’organo di vigilanza al rischio di effettuare una “identificazione di fatto” non contemplata nella struttura organizzativa aziendale, a prescindere dalla relativa formalizzazione[4]. Per esempio, in edilizia il cosiddetto “capo cantiere”, che spesso non è nemmeno formalizzato con una nomina specifica, ma solamente indicato nel POS, ed è, inoltre, una figura non prevista dal TUSL, è comunque considerato un preposto di fatto per l’impresa.

A sua garanzia va detto che il preposto può esser chiamato a rispondere esclusivamente delle incombenze tipiche del ruolo rivestito, anche sulla scorta della formazione ricevuta, che deve essere adeguata, senza la quale le relative responsabilità si ripropongono sul datore di lavoro o sul dirigente. In tal senso nessuna responsabilità potrà mai ricadere sul preposto nel caso in cui l’evento infortunistico sia determinato da un fattore di rischio che non è stato oggetto della sua formazione specifica e che, di conseguenza, non gli consenta di riconoscere o gestire il fattore di rischio che ha generato l’infortunio[5]. In altre parole, il percorso formativo del preposto è fondamentale per individuare il perimetro di responsabilità entro cui può essere chiamato in causa.

Il preposto è, dunque, chiamato a sovraintendere all’attività lavorativa, con la conseguenza che gli sarebbero imputabili soltanto gli eventi infausti occasionati da violazioni cautelari o straordinari fattori di pericolo verificatisi nella fase esecutiva della prestazione di lavoro[6].

Al contempo il datore di lavoro non può in alcun modo ampliare le competenze del preposto e trasferire su di esso responsabilità tipizzate per altre figure di tutela dei lavoratori, comprese quelle dello stesso datore di lavoro. La sentenza di Cassazione del 19.6.2014 n. 12251, ha specificato che: “In tema di infortuni sul lavoro, il preposto, titolare di una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità dei lavoratori, risponde degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi”. Nella fattispecie la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna pronunciata nei confronti del preposto per omicidio colposo, rilevando che dalle acquisizioni processuali non emergeva che l’imputato fosse titolare del potere decisionale e di spesa necessario anche per la formazione del lavoratore deceduto, obbligo peraltro specificamente gravante sul datore di lavoro e sul dirigente, che non può essere delegato al preposto, in quanto nessun obbligo di cui effettivamente il preposto è titolare richiede una dotazione economica.

Se, al contrario, vi sono responsabilità addebitabili alle operazioni che hanno causato l’infortunio, anche il preposto è chiamato a risponderne per averlo permesso o ordinato, come recita, ad esempio, la sentenza di Cassazione 29.10.2018 n. 49373, riguardante l’infortunio occorso a un operaio di una ditta appaltatrice a causa dell’incendio del gas di evaporazione, contenuto in una cisterna, durante le fasi della pulitura di quest’ultima, effettuate tramite una frusta elettrica. Del fatto sono stati chiamati a rispondere, tanto il preposto, che aveva ordinato al lavoratore della cooperativa appaltatrice di utilizzare, per la pulizia della cisterna di un camion, che doveva ripartire velocemente, non già la frusta di saggina, bensì la frusta elettrica, destinata alla miscelazione delle vernici, quanto il datore di lavoro della committente, che si era ripetutamente intromesso nell’attività svolta dalla società cooperativa e aveva lasciato che i dipendenti di quest’ultima utilizzassero a più riprese una strumentazione inadeguata.

Le stesse deficienze progettuali o datoriali non possono comportare “ricadute” sul preposto in quanto esso non può ovviare alle omissioni dei suoi vertici.

6.   Ipotesi di revisione del ruolo

Quanto sopra argomentato ci fa orientare, con convinzione, verso una visione del preposto quale figura baricentrale e necessaria all’interno di tutti i luoghi di lavoro, dotato di adeguata formazione ed autorità nei confronti delle maestranze e di maggiore considerazione da parte del datore di lavoro. Una figura di cui se ne deve prevedere la continua presenza, così da poter sovraintendere costantemente sull’uso dei DPI e sulle modalità operative della squadra coordinata di cui egli stesso ne faccia parte anche ai fini “produttivi”.

Quindi, non solo supervisore, ma egli stesso esecutore, senza comportare costi aggiuntivi a carico dell’azienda, se non per il riconoscimento di una indennità di funzione, ma derivandone una più “articolata” caratterizzazione anche nel vigente TUSL, unitamente ad una rivalutazione delle sanzioni a suo carico per l’omissione dei suoi obblighi.

E’ poi di tutta evidenza che tale approccio determina anche una maggiore “attenzione” del datore di lavoro, sia nella adeguata individuazione e formazione del soggetto, che nella efficace interpretazione del ruolo ricoperto dal preposto, ipotizzando anche sanzioni per “culpa in eligendo” nel primo caso e per “culpa in vigilando” nel secondo.

7.    Conclusioni

Il preposto, ora marginalmente “menzionato” ed oggetto di sanzioni di piccola entità nel TUSL, andrebbe valorizzato quale “custode” della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Una maggiore consapevolezza di questo ruolo strategico, sia da parte dell’incaricato, che dello stesso datore di lavoro, ma anche dai lavoratori, favorirebbe in modo sensibile quell’aumento dei livelli di sicurezza ormai indilazionabili per uno Stato di diritto, andando ad incidere favorevolmente su frequenza e magnitudo degli infortuni.

Ruolo che nei luoghi di lavoro temporanei, come i cantieri edili, assume un’importanza centrale, in quanto realtà operative non stabili, mutevoli e con caratteristiche sempre diverse, sia per le diverse modalità costruttive, che l’opera può richiedere, che per la presenza di ditte/maestranze, che frequentemente si avvicendano ed aventi diversi approcci alla sicurezza ed alle modalità operative.

[1] Cass. 10.1.2013 n. 9491; Cass. 20.4.2021 n. 14627.

[2] Cass. 15.5.2019 n. 20820; Cass. 2.2.2016 n. 4340; Cass. 24.11.2015 n. 4340.

[3] Cass. 30.4.2018 n. 18677; Cass. 19.4.2019 n. 17202.

[4] Cass. 6.12.2017 n. 54825.

[5] Cass. 10.4.2017 n. 18090.

[6] Da ultimo, Cass. 12.9.2019 n. 37763.

0 Condivisioni

Be the first to comment

Leave a Reply